Netiquette, ci avevamo pensato nel 1995, perché ce ne siamo dimenticati?
Email, LinkedIn, Facebook, WhatsApp…condividi, metti in primo piano, posta, metti il like, accettami, unisciti al gruppo, congratulati…quand’è il caso di dire, “Sì, aspetta, però, diamoci una regola…”
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Netiquette 1995
https://tools.ietf.org/html/rfc1855
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ECCO LA TRASCRIZIONE DELLA PUNTATA, più o meno…
Problema:
Ho collaborato con un’ associazione di volontari per un periodo e da quel momento in poi, non fo che ricevere email di aggiornamento sulle loro attività e su tutti i loro commenti.
Inoltre la mia email continua a rimbalzare nel campo del destinatario di tutti i messaggi.
Ho ricevuto una richiesta di contatto su Linkedin, ma io non la conosco questa persona. Dovrei accettarla?
Benvenuto in aa..ai cercasi…io sono Silvia Marcellini, interactive designer per sbaglio e problem maker per passione. La mia missione è comprendere il funzionamento di un sistema, per poi innovarlo: dalle interfacce web alle scrivanie super compatte per i monolocali, dalle regole di buon senso online alla corretta definizione della parola re-style. Per me non esiste nessuna differenza. E’ sempre e solo un problema di design.
Quante volte ti sei iscritto a un corso per poi ritrovarti con la casella email tempestata di messaggi di risposta di tutti i partecipanti al corso? Ma quello che è peggio è che un email inserita nel campo del destinatario, così, direttamente, in chiaro, finisce nel pc di tutti, nel telefono di tutti…e metti caso che uno dei partecipanti al corso avesse installato una di quelle belle app che inviano dati al mondo? Che fine ha fatto la tua email a quel punto?
Gran brutta situazione. Eppure diffusissima. Talmente diffusa da dedicargli una puntata speciale del mio podcast.
Perché già agli inizi di Internet qualcuno aveva avuto la bella idea di stilare delle regole di buon senso….che poi sono finite nel dimenticatoio come tutte le cose buone che sono state fatte dai pionieri di Internet e che oggi non si ricordano più. Sono rimasti solo i ricordi delle @ roteanti e delle barre gialle e nere dell’under-construction…purtroppo.
Ma poiché io sono una sopravvissuta…con molta nostalgia sono riuscita a recuperare quei Rotoli del Mar Morto, scritti con il carboncino su carta pergamena e a riproporti degli spunti interessanti tratti proprio dalla…Netiquette del 1995.
Ti metto il link nella descrizione del podcast, così puoi leggerlo dettagliatamente.
Ma comunque voglio leggere delle perle tratte appunto da questo documento storico.
La migliore:
sii prudente in ciò che invii e liberale in ciò che ricevi.
Che è il riassunto di qualsiasi regola di buon senso.
Ricorda che le persone con cui comunichi si trovano in tutto il mondo. Se invii un messaggio a cui desideri una risposta immediata, quando arriva, la persona che lo riceve potrebbe essere a casa addormentata. Dagli la possibilità di svegliarsi, venire al lavoro e accedere prima di presumere che la posta non sia arrivata o che non gli interessi.
Usa le emoticon per indicare il tono della voce, ma usale con parsimonia.
Attendi tutta la notte per inviare risposte emotive ai messaggi.
Leggi sia le mailing list che i newsgroup per uno o due mesi prima di pubblicare qualsiasi cosa. Questo ti aiuta a comprendere la cultura del gruppo.
Considera che un vasto pubblico vedrà i tuoi post. Ciò può includere il tuo presente o il tuo prossimo capo. Abbi cura di ciò che scrivi.
Fai attenzione quando rispondi a messaggi o ai post. Frequentemente le risposte vengono rinviate all’indirizzo che ha originato il post, che in molti casi è l’indirizzo di un elenco o di un gruppo! Puoi inviare accidentalmente una risposta personale a molte persone, imbarazzando tutte le persone coinvolte.
NON dare per scontato che QUALSIASI informazione trovata sia aggiornata e / o accurata.
Non dare per scontato che le persone che non conosci vorranno parlare con te. Se senti la necessita’ di inviare messaggi privati a persone che non conosci, sii disposto ad accettare con grazia il fatto che potrebbero essere occupati o semplicemente non voler chattare con te.
Avvisa i partecipanti se intendi spedire grandi quantità di informazioni. Se tutti acconsentono a riceverle, è possibile inviare, ma l’invio di informazioni indesiderate senza un avviso è mal tollerato.
Insomma, su per giù dal 1995 non ci sarebbe da aggiungere altro… eppure…Oh sono passati ben 25 anni da allora…fa brutto anche dirlo…
Ma la cosa peggiore è che spesso gli strumenti online non sono utilizzati per il motivo per cui sono stati concepiti. Cioè se ne fa un uso del tutto improprio.
Tipo. Le email non vanno utilizzate come uno strumento di messaggistica istantanea.
Servono per una discussione più impostata e articolata. Inviare dei messaggi brevi replicandoli ad ogni email è del tutto controproducente quando si lavora, perché serve soltanto ad aumentare il “rumore” ovvero la quantità di informazioni non necessarie.
Altro uso improprio dell’email è quella di usarla per scrivere dettagli di lavoro o inserire modifiche. Dopo la ventesima correzione di un testo avvenuto tramite email sfido chiunque a risalire alla revisione corretta e ad evitare di pubblicare su un sito il testo sbagliato. Meglio sarebbe utilizzare un documento condiviso su un server raggiungibile da tutti e in cui tutti possano inserire commenti ed apportare le correzioni.
Ma non usiamo male solamente la posta elettronica. Diciamo che per ogni social abbiamo una versione alternativa molto naif.
Personalmente la cosa che più mi lascia perplessa è la gara costante a raccogliere contatti su qualsiasi piattaforma. So che è motivo di prestigio. Ma visto dall’ottica di chi realizza uno strumento con uno scopo, tipo un designer, puo’ sembrare del tutto insensato.
Ad esempio. Linkedin.
Molte persone mi contattano tramite questo Social Network e poiché io, designer rognoso, lo uso nel modo per come è stato concepito, spesso mi ritrovo a dover spiegare il mio punto di vista che è questo.
Linkedin è uno strumento professionale. Gran parte di noi lo usa per mantenere un contatto con i propri clienti, colleghi di lavoro e persone a cui vogliamo fare un’impressione se non proprio bella almeno professionale e dignitosa. Oltretutto viene utilizzato spesso in sostituzione del proprio CV per inviare delle candidature di lavoro.
Si suppone quindi che tutto ciò che scrivi e la rete dei contatti parlino di te, della tua esperienza e del tuo percorso professionale.
Da questo punto di vista, non riesco proprio a capire questa gara a richiedere il contatto a chiunque e a collezionare persone che non si conoscono. Trasformare Linkedin nelle pagine gialle non è utile a nessuno. Un conto se hai un numero impressionante di utenti che effettivamente hai conosciuto per lavoro e un’altra invece è aver raccolto chiunque hai visto per strada. Poi bisogna sempre distinguere il tipo di figura. Se sono un personaggio pubblico che ormai tutti conoscono e a cui tutti chiedono il contatto è ovvio che ho un milione di persone che non conosco tra i miei contatti…ma, se ce li ho io Silvia Marcellini…a parte che ho un limite in quanto non personaggio pubblico…è altrettanto palese che ho raschiato il fondo del barile delle mie NON-conoscenze.
In automatico, il prestigio di avere tantissimi contatti, si trasforma in pena per aver contattato anche la nonna del mio ex compagno di banco dell’elementari.
Per cui, io sono forse una delle poche persone che se mi si contatta su Linkedin dico, gentilmente, che non conoscendo la persona in questione preferirei frequentarla un po’ prima di accettarla, per lo meno.
Suona snob. Ma in realtà anche nella vita reale prima ci si innamora poi ci si sposa, non il contrario…solitamente.
Una volta, purtroppo per sbaglio, ho cliccato inavvertitamente in uno di quei diabolici automatismi che fanno partire l’invito a chiunque nella tua lista di contatti email. Quelli dei corsi con gli elenchi degli iscritti tutti nel campo del destinatario per intenderci.
No, in realtà, sarà sicuramente uscito un avviso che mi avvertiva di cosa sarebbe accaduto di lì a poco…ma spesso non leggo…è questo il mio peggior difetto.
E quella volta, c’è stato un ragazzo che, cortesemente mi ha chiesto se ci conoscessimo. E io, ho dovuto scusarmi e ammettere la mia colpa. Ho molto apprezzato questo gesto perché per lo meno non mi sono sentita l’unica a volere mantenere una lista contatti effettivamente attinente con la propria storia professionale.
Tutt’altra storia Facebook. Metteresti mai i tuoi genitori, magari divorziati e che non si parlano da decenni, i tuoi zii, i tuoi cugini, gli amici del calcetto, le ragazze o i ragazzi che ti sono piaciuti vent’anni fa, quelli che ti piacciono ora, tuo marito, tua moglie, i colleghi di lavoro, il prete, il rabbino, l’insegnante di yoga e le amiche del corso di tarocchi, i tuoi amici delle elementari, medie, superiori, quelli dell’università e del master, il tuo capo, gli amici di tuo fratello, l’associazione genitori della scuola di tuo figlio e il club della bocciofila di tuo nonno tutti nella stessa stanza?
E allora perché, mi chiedo, facciamo questa cosa online? Che differenza c’è?
Nel migliore dei casi devi startene zitto e muto se qualcuno ti sottopone una domanda che potrebbe essere male interpretata da un altro gruppo di persone o peggio ancora, contenere delle informazioni sensibili, fare riferimento alle tue preferenze in fatto di religione, orientamento sessuale, ideologia politica…etc.
Poi ci sono quelli, che solitamente lo fanno per mestiere, tipo i Social Media Manager…che ti dicono: “C’è il toggle per escludere quella persona etc…”. Ma non mi sembra una soluzione fattibile quella di metterti a giocare con i toggle come con una consolle audio per escludere persone ed eliminare commenti. Oppure crearti N profili diversi per dividere i gruppi…
Però su Facebook ho trovato solo la soluzione di mantenere un profilo basso…che non è molto social ma serve per la sopravvivenza.
Anche qui… se mi chiedi l’amicizia in Facebook e non ti accetto spesso non va preso come un’offesa, ma come una forma di rispetto…Ci sono cose che voi Umani….meglio non sapere. Meglio starne fuori da certi ambienti.
WHATSAPP…uso improprio di questo strepitoso strumento di tortura! Che dire.
Ci sono due utilizzi fondamentali: uno è amichevole e l’altro pseudo-professionale-informale.
Per il secondo utilizzo è presto detto. “Arrivo tra 10 minuti alla riunione, c’è traffico”, “possiamo sentirci tra 20 minuti”, “ti disturbo se ti chiamo ora?” etc.
Per l’utilizzo amichevole diciamo che non c’è limite alla fantasia. Sarebbe però molto bello se non lo si usasse per:
- Scambiarsi materiale lavorativo…ecco già lo si tollera poco via email…immaginiamoci andare a reperire il documento ufficiale delle informazioni da mettere sul sito, su WhatsApp…mai!
- Informazioni ufficiali di qualunque tipo…sotto Covid mi sono arrivate le comunicazioni ufficiali della scuola di mio figlio. No. Non si fa. Se proprio non vuoi spedirmi una lettera…mandami un’email, ma senza mettere tutti i genitori della scuola nel campo destinatario, però!
- Non inviare messaggi alla notte…A casa mia, quando ero bambina, si usava dire…”non possiamo telefonare ora, sono le 21…ormai è tardi, diamo fastidio”. Adesso questa cosa è partita via…dimenticata, bruciata. Ti blippa lo smartphone a qualsiasi ora del giorno e della notte. Mi starebbe anche bene se non fosse che ho i messaggi associati al band, l’orologio da polso, per cui anche di notte mi vibra il braccio se dimentico di escludere determinate persone o gruppi. Poi vai a leggere alla mattina e sono quasi sempre manine, bacetti, occhiolini…ecc.
- …perché un altro uso improprio di WhatsApp è quello di utilizzarlo come conferma, come appello. 20 persone, qualcuno dice…”la gita è saltata perché domani piove” e 19 persone mandano ok, va bene, baci, grazie, manine che pregano, pollici in su etc. Basta uno che dice Grazie…o no?
- E non da ultimo le temutissime catene di Sant’Antonio…croce e delizia di tutti gli utenti online dal 1995. Ti svelerò un segreto: se le fermi non si muore. Lo faccio sistematicamente dal 1995 e sono ben 25 anni che sono ancora qui al mondo. Ogni volta che me ne arriva una, la cestino per cui ho contribuito per 25 anni a ripulire Internet dalle boiate.